venerdì 15 gennaio 2016

MI AMO E MI STIMO SOLO SE GLI ALTRI MI APPROVANO: LA RICERCA CONTINUA DI APPROVAZIONE ESTERNA





MI AMO E MI STIMO SOLO SE GLI ALTRI MI APPROVANO:
LA RICERCA CONTINUA DI APPROVAZIONE ESTERNA

Sempre più spesso noto persone che tendono ad attribuire un’importanza eccessiva all’approvazione e/o al riconoscimento da parte degli altri, con il problema piu importante che in conclusione finiscono per trascurare i propri bisogni, le proprie esigenze più intime e le proprie predisposizioni naturali.
Queste persone tendono per lo piu a concentrarsi sulle reazioni derivanti dal contesto esterno (genitori,insegnanti, amici , dattori di lavoro , partner), piuttosto che sulle proprie sensazioni interne.

Esse possono suddividersi in due sottotipi:
  • chi cerca approvazione nei termini di essere accettati da una persona o integrati in un gruppo e quindi si sforza di piacere e di seguire le tendenze e la linea di pensiero altrui,non considerando le proprie inclinazioni, gusti ecc
  • chi cerca riconoscimenti, cioè lodi ed elogi e quindi si sforza per mettersi sempre in luce favorevole. A quest’ultimo gruppo tendono ad appartenere le personalità narcisiste.

Ad ogni modo ciò che per queste persone è importante e fondamentale è l’avere RICONOSCIMENTI E STIMA da parte degli altri, conditio sine qua non per sentirsi felici con se stessi e appagati.
La problematica più importante è che nella spasmodica ricerca di approvazione esterna, spesso risultando accondiscendenti e sottomessi, la persona perde di vista il proprio se.Non si ascolta, non capisce quali siano i suoi veri bisogni, le sue esigenze. Spesso si tratta di persone che con estrema difficoltà sono in grado di dire NO agli altri, fanno spesso favori , non riescono a delimitare i propri spazi e i propri confini ; portandoli a sentimenti di profonda stanchezza e malinconia.
Al contempo abbiamo anche un'altra categoria di persone in cui la ricerca di riconoscimento continua può portare atteggiamenti presuntuosi ed arroganti, al vanto dei propri successi, allo spostamento delle conversazioni su argomenti che anche indirettamente consentono di mettersi in mostra.
DA COSA DIPENDONO QUESTI SCHEMI COMPORTAMENTALI?
 Spesso si tratta di persone i cui racconti ritraggono famiglie eccessivamente presenti in cui le figure genitoriali e non solo , investono i figli di continue lodi e preoccupazioni. Si tratta di figli ricoperti di attenzioni e premure, spesso portati alla ribalta con amici e conoscenti anche solo per semplicissime attività quotidiane. Alcune volte le persone cresciute in queste famiglie riferiscono di essersi sentite amate e coccolate, ma sentono di non possedere verso se stessi un’opinione ferma e stabile, una valutazione di sé indipendente dal giudizio altrui,riportando , nonostante tutto, sensazioni di scarsa autostima.
Altre volte invece, a seguito di deprivazioni emotive o esclusione sociale, lo schema si sviluppa per “iper compensazione”, cioè per l’idea che per non ricadere negli stati spiacevoli e nella situazione di poca amabilità ed esclusione, bisogna essere accondiscendenti o sviluppare doti ammirevoli.



Spesso emergono racconti di famiglie molto presenti e premurose che ricoprono quotidianamente di lodi e attenzioni il bambino, anche quando compie semplici attività di routine. In altri casi, si ritrovano famiglie amorevoli, ma caratterizzate da un’eccessiva attenzione e preoccupazione per l’apparenza e il giudizio degli altri. Alcune volte le persone cresciute in queste famiglie riferiscono di essersi sentite amate e coccolate, ma sentono di non aver sviluppato un’opinione ferma e stabile di se stessi, una valutazione di sé indipendente dal giudizio altrui. Per contro riportano sensazioni di inautenticità e scarsa autostima.
Altre volte invece, a seguito di deprivazioni emotive o esclusione sociale, lo schema si sviluppa per “iper compensazione”, cioè per l’idea che per non ricadere negli stati spiacevoli e nella situazione di poca amabilità ed esclusione, bisogna essere accondiscendenti o sviluppare doti ammirevoli.
Gli schemi interiorizzati da queste persone sono del tipo “ io valgo solo se sarò accettato”, “sarò una persona degna di amore e affetto solo se verrò stimato e ammirato da tutti”
 La ricerca di approvazione, nel momento in cui un individuo NASCONDE E SOPPRIME IL PRORPIO Sé IN FAVORE DELL’ALTRO, rischia di diventare patologicae può causare l'insorgenza di problemi a livello relazione, psicologico e somatico


Dott.ssa Fanzecco F.

lunedì 14 gennaio 2013

IL LUTTO E LA SUA DIFFICILE ELABORAZIONE

 


LA MORTE NON È NIENTE

La morte non è niente.
Sono solamente passato dall'altra parte:
è come fossi nascosto nella stanza accanto.
Io sono sempre io e tu sei sempre tu.
Quello che eravamo prima l'uno per l'altro lo siamo ancora.
Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare;
parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato.
Non cambiare tono di voce, non assumere un'aria solenne o triste.
Continua a ridere di quello che ci faceva ridere,
di quelle piccole cose che tanto ci piacevano
quando eravamo insieme.
Prega, sorridi, pensami!
Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima:
pronuncialo senza la minima traccia d'ombra o di tristezza.
La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto:
è la stessa di prima, c'è una continuità che non si spezza.
Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista?
Non sono lontano, sono dall'altra parte, proprio dietro l'angolo.
Rassicurati, va tutto bene.
Ritroverai il mio cuore,
ne ritroverai la tenerezza purificata.
Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami:
il tuo sorriso è la mia pace.
 Sant Agostino


Arriva per tutti prima o poi un momento in cui una persona a noi cara viene a mancare, andando via per sempre dalla nostra vita e lasciando un vuoto insormontabile che getta la nostra esistenza in un profondo stato di angoscia.
Perdere qualcuno che amiamo è un dolore immenso che stravolge radicalmente la nostra vita, ognuno di noi reagisce in modo differente ai lutti facendo entrare in campo sentimenti i più differenti: rabbia, shock, paura, angoscia, disperazione, incredulità. Questi sentimenti, sebbene siano molto travolgenti, sono reazioni normali davanti ad un processo di perdita importante ed è importante accoglierli come parti normali del processo di elaborazione e permettersi dunque di provarli, inclusa la sensazione di stare impazzendo.
Tendenzialmente con il termine lutto ci riferiamo ad un distacco conseguente ad una morte. In realtà ogni transazione psicosociale significativa, come la separazione, il divorzio, mette in moto dei veri e propri processi di lutto.
Elaborare il lutto significa avviare un processo di comprensione piena della perdita, di recupero del valore e dell’affetto che il legame con la persona che viene a mancare ci ha regalato e di riacquisizione di fiducia nel legame con un altro essere umano nonostante la possibilità che questo essere umano venga a mancare.
 
IL MODELLO DI ELABORAZIONE DEL LUTTO PIÙ NOTO IN PSICOLOGIA PREVEDE CHE UN ESSERE UMANO AFFRONTI  NORMALMENTE CINQUE FASI A SEGUITO DELLA PERDITA DI UNA PERSONA CARA.
 
Fase della negazione o del rifiuto. E’ la fase in cui evitiamo e neghiamo la realtà della perdita, è come se non ce ne rendessimo conto. In questa fase capita di pensare a quanto successo e stranirci, sentirci come se fossimo in un sogno e prima o poi ci sveglieremo.  Questo meccanismo ci protegge dal provare emozioni che, in quel momento, riteniamo essere intollerabili. Inizialmente questo meccanismo è funzionale e ci aiuta a “prenderci del tempo” per organizzarci ma alla lunga, se non si evolve in meccanismi più maturi, la negazione della realtà può assumere connotati patologici e richiedere un intervento professionale.
 
Fase della rabbia. In questa fase cominciano a manifestarsi quelle emozioni intense e difficili che abbiamo evitato nella fase precedente. La fase della rabbia è la fase in cui ci pensiamo che ciò che ci è accaduto sia ingiusto e sbagliato, ci arrabbiamo con chi ha “permesso” che la persona alla quale volevamo bene morisse (in alcuni casi medici, sanitari, parenti) e meditiamo vendetta. E’ una fase critica nel processo di elaborazione del lutto in quanto molto spesso è il momento di massima richiesta di aiuto della persona ma allo stesso tempo non sempre e non automaticamente il paziente è sufficientemente pronto ad accogliere l’aiuto. Spesso le emozioni di rabbia e una condizione di chiusura rispetto alla possibilità di risoluzione prevalgono sul resto.
 
Fase della contrattazione. E’ la fase in cui riprendiamo in mano la nostra vita e “negoziamo” con noi stessi e con gli altri in quali progetti possiamo ancora investire nonostante la perdita e nonostante il dolore. E’ la fase in cui la rabbia comincia a scemare e si affacciano alla coscienza emozioni di tipo depressivo miste a piccoli momenti di speranza nel futuro in cui sentiamo di voler “salvare il salvabile”.
 
Fase della depressione. Rappresenta il momento di autentica presa di coscienza della perdita, il momento in cui ricordiamo le cose belle vissute con la persona cara e la disperazione per tutto ciò che non rivivremo più diventa palpabile. Ci rendiamo conto di quante cose di noi sono state “plasmate” da chi non c’è più e il pensiero della perdita ci fa sentire sconfitti e disperati.
 
Fase dell’accettazione. Quando riusciamo a dare un senso a quanto è successo, a inscrivere la perdita nell’ordine naturale delle cose, a trattenere e ricordare quanto di buono è accaduto sopraggiunge la fase dell’accettazione.  Durante questa fase possono sempre e comunque essere presenti livelli di rabbia e depressione, che però sono di intensità moderata
 
Purtroppo , non sempre e non per tutti è possibile portare a termine il processo di elaborazione del lutto in tempi rapidi e in modo positivo. Può accadere in alcuni casi di restare bloccati per lungo tempo, senza riuscire ad accettare l’accaduto e poter proseguire il cammino della propria vita.
Vivere un lutto, implica la necessità di dover affrontare e sentire tutta una serie di sensazioni negative, che riguardano il dolore, la tristezza e la disperazione per l’accaduto. Questo dolore è talmente forte che alcune persone per evitare di star male, o per esser forti davanti agli altri, cercano di reprimere queste  emozioni così difficili e dolorose cercando di dimostrare  di aver superato il lutto e tutto ciò che esso comporta.  Il problema è che in questo modo ottengono l’effetto contrario; AUMENTA LA TENSIONE PSICOLOGICA E VIENE RALLENTATO IL PROCESSO DI ELABORAZIONE DEL LUTTO.
Quelle che dovrebbero essere le manifestazioni di un lutto normale si acutizzano e diventano croniche e se non sono capite in tempo e affrontate adeguatamente, possono trasformarsi in un lutto patologico, caratterizzato da apatia, indifferenza totale, insensibilità agli stimoli e al dolore.  É molto frequente e sottovalutata la scoperta che alla base di un profondo malessere esistenziale o di vere e proprie patologie mentali, vi sia un lutto irrisolto, questo può pesare sulle generazioni successive, che a loro volta diventano le eredi di un profondo dolore affidatogli inconsapevolmente dai propri cari.
Riuscire a identificare la presenza di  una mancata elaborazione del lutto, può aiutare la persona portatrice del malessere a dare un senso a ciò che sta vivendo e a proseguire il processo di elaborazione che sino a quel momento si era arrestato. L’esito positivo di questo percorso permetterà all’individuo di poter riattivare le proprie energie e riuscire a proseguire il proprio percorso di vita  che si era dolorosamente arrestato.
Il processo di elaborazione del lutto si completa  con il superamento del dolore acuto (nonostante episodi di tristezza e senso di perdita si potranno ripresentare ancora per moltissimo tempo) e con l’accettazione che quella persona non tornerà e che la persona amata e ormai persa diventa parte del nostro mondo interiore  e quindi, in un certo senso, non la perderemo mai.
 
Dott.ssa Fabiola Fanzecco
 
 
 

domenica 16 settembre 2012

INFLUENZA DEGLI STILI DI ATTACCAMENTO INFANTILI NELLE RELAZIONI DI COPPIA IN ETA’ ADULTA





Spesso capita che la scelta di un partner si focalizza, inconsciamente, verso una  ricerca di quelle qualità che mancano nella propria famiglia di origine o, in alternativa,  il desiderio di mantenere proprio ciò che era soddisfacente e familiare, ma anche, dall’eventuale bisogno di guarire le ferite emozionali.

 L’individuo inconsciamente può scegliere un partner  sperando così di dare un senso di completezza alla propria vita in base anche ai vuoti sperimentati durante la sua fanciullezza. Durante la prima fase di una coppia, il fascino e l’attrazione iniziale si mantengono per mesi e forse anni, in seguito ad un primo periodo di innamoramento insorgono le vere e inevitabili sfide. Quando la coppia vive delle situazioni che vengono viste come una frattura del legame di attaccamento, le ferite che ne derivano, se irrisolte, compromettono la relazione.

La teoria dell’attaccamento è considerata come una delle spiegazioni più convincenti e studiate riguardanti le relazioni amorose adulte (Johnson, Millikin & Makinen 2001); Bowlby concettualizzò che la vicinanza (contatto), una base sicura (sicurezza) e un rifugio sicuro (conforto e protezione) sono fondamentali per un attaccamento umano sano. Bowlby elaborò la teoria dell’attaccamento sul legame madre – bambino (o figura di attaccamento – bambino) e successivamente notò che il legame che si stabiliva nelle relazioni adulte presentava notevoli somiglianze. Egli suggerì che questi sono bisogni che durano per tutta la vita dalla culla fino alla tomba.

 

GLI STILI DI ATTACCAMENTO DEGLI ADULTI

 Sulla base della ricerca sono stati identificati 4 prototipi di stili di attaccamento adulto:

-          UNO STILE DI ATTACCAMENTO SICURO
-       TRE STILI DI ATTACCAMENTO INSICURI:  1 Preoccupato 2 Distanziante  3 Timoroso.

 

Le persone stile di attaccamento sicurO: Ricercano l’intimità preoccupandosi poco dell’abbandono, si aprono facilmente, sono ben disposte a dedicarsi al proprio partner in caso di bisogno, posseggono la capacità di affrontare e superare le avversità della vita, sono in grado di gestire il proprio stress emozionale e contenere le emozioni espresse dal partner.

persone con uno stile di attaccamento preoccupato:   Ricercano l’intimità ma al contrario delle persone con uno stile di attaccamento sicuro,  tendono a mostrare elevati livelli di ansia riguardo la paura dell’abbandono.

persone con uno stile di attaccamento distanziante:  sono caratterizzati da elevati livelli di evitamento  dell’intimità e scarsi livelli di ansia riguardo l’abbandono.  

 

 

Le coppie, formandosi, uniscono stili di attaccamento diverso e di conseguenza queste combinazioni possono portare a differenti conseguenze ed influenzare la relazione stessa.

Quando due persone si uniscono in una coppia mettono insieme e combinano tra loro  stili di attaccamento diversi.  Ognuno dei due partner , difatti,  porta con se all’ interno della propria relazione lo stile di attaccamento sviluppato nella propria infanzia con le figure per lui significative.

 In questo modo le FERITE, che  possono essersi  verificate con la figura significativa che non è riuscita a rispondere ai bisogni del bambino nell’infanzia o anche durante il periodo adolescenziale  durante un periodo critico di bisogno, si ripercuoteranno dentro la coppia . Nella vita di una coppia questi incidenti dolorosi rimasti irrisolti derivanti da un passato disconfermante tendono ad essere innescati da eventi simili che hanno un tema ricorrente. Quando ciò avviene in una coppia si creano delle barrire e delle resistenze.

 

 

 

domenica 18 marzo 2012

IL DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO (DOC)


Ogni volta che rientra in casa Marina toglie le scarpe e le infila in una busta prima di riporle nella scarpiera. Poi toglie tutti i vestiti e li appoggia in una sedia adibita a questo scopo che tiene vicino all’ingresso. Va poi al bagno a lavare le mani, gli avambracci e il volto; ogni parte viene lavata più volte, fino a 20 volte. Infine, prima di indossare i “vestiti puliti da casa”, passa un batuffolo di cotone imbevuto di disinfettante sui capelli e sugli occhiali. Alla fine di queste operazioni Marina si sente “pulita”, intendendo con ciò l’impressione che su nessuna parte del suo corpo siano depositate sostanze contenenti germi o altro “sporco”.
tratto da Mancini F. & Perdighe C. (2010), Elementi di Psicoterapia Cognitiva. Roma, Giovanni Fioriti Editore


Il disturbo ossessivo-compulsivo d’ansia si differenzia dal  disturbo ossessivo-compulsivo di personalità perché in quest’ ultimo caso (come in tutti i disturbi di personalità, il soggetto non possiede un aderenza alla realtà e non è n grado di capire di avere la presenza di un disturbo che compromette e lede aspetti della propria vita.
La personalità ossessivo-compulsiva è, inoltre, tra quelle più frequenti nei disturbi alimentari, in particolare nell’anoressia.

Il disturbo ossessivo-compulsivo è un disturbo d'ansia caratterizzato dalla presenza di ossessioni e compulsioni:
Caratteristiche essenziali del disturbo sono pensieri, immagini o impulsi ricorrenti che creano allarme o paura e che costringono la persona a mettere in atto comportamenti ripetitivi o azioni mentali.
Come il nome stesso lascia intendere, il DOC è quindi caratterizzato da ossessioni e compulsioni. Almeno l'80% dei pazienti con DOC ha sia ossessioni che compulsioni, meno del 20% ha solo ossessioni o solo compulsioni.


Le ossessioni sono pensieri, immagini o impulsi che si presentano più e più volte e sono al di fuori del controllo di chi li sperimenta. Tali idee sono sentite come disturbanti e intrusive, e, almeno quando le persone non sono assalite dall'ansia, sono giudicate come infondate ed insensate. Le persone con DOC possono preoccuparsi eccessivamente dello sporco e dei germi o essere ossessionate dall'idea di potersi contaminare o poter contaminare gli altri. Possono essere terrorizzate dalla paura di avere inavvertitamente fatto del male a qualcuno (magari mentre facevano manovra con l'auto per uscire da un parcheggio), di poter perdere il controllo di sé e diventare aggressive in certe situazioni, di aver contratto malattie infettive o di essere omosessuali, anche se di solito riconoscono che tutto ciò non è realistico. Le ossessioni sono accompagnate da emozioni sgradevoli, come paura, disgusto, disagio, dubbi, o dalla sensazione di non aver fatto le cose nel "modo giusto", e gli innumerevoli sforzi per contrastarle non hanno successo, se non momentaneo.
Le ossessioni differiscono dalle preoccupazioni per il fatto che queste ultime sono relative ad eventi negativi, legati a problematiche di vita quotidiana, che potete temere che accadano. Per esempio, potete essere preoccupati di fallire un esame, della vostra condizione economica, della salute, o delle vostre relazioni interpersonali. Al contrario delle ossessioni, le preoccupazioni non sembrano eccessive e prive di una base razionale, ma si riferiscono a rischi reali, che tutti riconoscono come tali.
Esempi di ossessioni sono pensieri del tipo: “potrei infettarmi con il virus Hiv se tocco la porta del bagno della discoteca”; “non devo pensare il nome delle persone a cui voglio bene in ospedale, altrimenti potrebbero ammalarsi davvero”; “tutto deve essere sempre perfettamente in ordine e in armonia, altrimenti qualcosa di brutto potrebbe capitare alla mia famiglia”.

Le compulsioni vengono anche definite rituali o cerimoniali e sono comportamenti ripetitivi (lavarsi le mani, riordinare, controllare) o azioni mentali (contare, pregare, ripetere formule mentalmente) messi in atto per ridurre il senso di disagio e l'ansia provocati dai pensieri e dagli impulsi tipici delle ossessioni; costituiscono, cioè, un tentativo di elusione del disagio, un mezzo per cercare di conseguire un controllo sulla propria ansia. Le persone con un'ossessione che riguarda la contaminazione possono lavarsi costantemente le mani fino a provocarsi delle escoriazioni. Una persona può ripetutamente controllare di aver chiuso il gas per la paura ossessiva di far scoppiare la casa, un'altra può contare oggetti più e più volte per l'ossessione di averli perduti. In generale tutte le compulsioni che includono la pulizia, il lavaggio, il controllo, l'ordine, il conteggio, la ripetizione ed il collezionare si trasformano in rigide regole di comportamento e sono spesso bizzarre e francamente eccessive. Le compulsioni assumono spesso un carattere talmente abituale e ripetitivo che vengono attuate, a scopo preventivo, anche in assenza di ossessioni. Diventano azioni studiate e prestabilite, eseguite con cura meticolosa, che non possono in alcun modo essere interrotte o modificate nella loro sequenza.

L'età tipica in cui compare più frequentemente è tra i 6 e i 15 anni nei maschi e tra i 20 e i 29 nelle donne. I primi sintomi si manifestano nella maggior parte dei casi prima dei 25 anni
Per quanto riguarda il decorso generalmente non si tratta mai di una manifestazione episodica, si tratta per lo più di un  disturbo che tende a cronicizzare diventando invalidante.
Non si può parlare di un disturbo ereditario, anche se la componente genetica, potrebbe influire nella comparsa del disturbo. Il fatto di avere familiari che soffrono o hanno sofferto di DOC aumenta certamente la possibilità di ammalarsi, ma è molto difficile fare una distinzione tra i disturbi ossessivo-compulsivi dovuti al fatto di essere allevati da un genitore con DOC da quelli legati al vero e proprio patrimonio genetico.

Vari Sottotipi:
Ossessioni
Si tratta di ossessioni e compulsioni che implicano timori correlati al dubbio di aver dimenticato qualcosa o di aver fatto un errore o danneggiato qualcosa o qualcuno inavvertitamente. Il timore è che una propria azione o omissione sia causa di disgrazie. Controlli tipici riguardano l’aver chiuso la porta di casa, il gas o l'acqua; di aver contato bene i soldi o non aver scritto parole blasfeme.
Pulizia
Ossessioni e compulsioni connesse al rischio di contagi o contaminazioni. Le persone che ne soffrono sono tormentate dall'insistente preoccupazione che loro stessi o un familiare possa ammalarsi entrando in contatto con qualche invisibile germe o sostanza tossica. Il contatto con la sostanza temuta è seguita da rituali tesi a neutralizzare la contaminazione, ovvero rituali di lavaggio (es. lavaggio ripetuto delle mani, dei vestiti o di oggetti personali).
Accumulo
E' un tipo di sintomo piuttosto raro che consiste in condotte di accumulo e conservazione di oggetti, anche insignificanti e deperibili (es. giornali, pacchetti di sigarette vuoti, bottiglie vuote) giustificate dal paziente con il timore di gettare via qualcosa che "un giorno o l'altro potrebbe servire". Le condotte di accumulo non sono generalmente accompagnate da ossessioni. Lo spazio occupato dalle "collezioni" può arrivare a occupare gran parte dello spazio in casa. Questi soggetti sono generalmente poco critici riguardo ai loro rituali.
Simmetria,Ordine
Si tratta di sintomi correlati a un’intolleranza che  gli oggetti siano posti in modo disordinato o asimmetrico. Libri, fogli, penne, asciugamani, videocassette, abiti, piatti, devono risultare perfettamente allineati, simmetrici e ordinati secondo una precisa logica (es. dimensione, colore). Quando il paziente percepisce asimmetria o disordine si impegna anche per molte ore a riordinare questi oggetti, fino a sentirli “a posto”.
Le ossessioni di ordine e simmetria possono riguardare anche il proprio corpo (es. pettinatura dei capelli, abiti).

Per info
Dott.ssa Fabiola Fanzecco f.fpsico@tiscali.it

domenica 8 gennaio 2012

ANSIA E PANICO


 Almeno un terzo della popolazione mondiale ha avuto o potrà avere un disturbo d’ansia nel corso della propria vita.
Questo perché l’ansia è una condizione FISIOLOGICA, utile in molti momenti della vita.
E’ UTILE a proteggerci dai rischi, a mantenere lo stato di allerta, a migliorare le prestazioni.
L’ansia BUONA, fisiologica e funzionale rappresenta una sollecitazione che ci muove e ci fa selezionare gli stimoli con maggiore attenzione.
In realtà non potremmo vivere senza ansia e senza di essa molte emozioni sarebbero più sbiadite, meno intense e suggestive. L’ansia, quindi, non è solo un limite o un disturbo, ma costituisce una importante risorsa, perché è una condizione fisiologica, efficace in molti momenti della vita per proteggerci dai rischi, mantenere lo stato di allerta e migliorare le prestazioni (ad es., sotto esame).
Quando l'attivazione del sistema di ansia è eccessiva, ingiustificata o sproporzionata rispetto alle situazioni, però, siamo di fronte ad un disturbo d'ansia, che può complicare notevolmente la vita di una persona e renderla incapace di affrontare anche le più comuni situazioni.
I disturbi d'ansia conosciuti e chiaramente diagnosticabili sono i seguenti (cliccate per approfondimenti):
Fobia specifica (aereo, spazi chiusi, ragni, cani, gatti, insetti, ecc.)
Disturbo di panico e agorafobia (paura di stare in situazioni da cui non vi sia una rapida via di fuga)
Disturbo ossessivo-compulsivo
Fobia sociale
Disturbo da stress acuto o post-traumatico da stress
Disturbo d'ansia generalizzata
Come si manifesta
La sindrome ansiosa è un profondo disagio psicologico caratterizzato dall’angoscia e spesso accompagnato da sintomi corporei variegati con diversi livelli di intensità.
Attacchi
Si definiscono attacchi di panico la comparsa improvvisa ed inaspettata di una sensazione di terrore e angoscia accompagnati da sintomi corporei come senso di soffocamento, palpitazioni, sensazione di svenimento. Dunque l’attacco di panico inizia senza preavviso e, sua caratteristica, insorge mentre la persona svolge attività relativamente tranquille, come per esempio essere seduti al tavolo di un ristorante, guidare l’automobile, entrare in un negozio. L’individuo può avvertire anche vampate, sudorazione profusa, dolore toracico acuto tanto da essere convinto di avere un infarto e di essere sul punto di morire. Di solito gli attacchi giungono alla massima intensità in dieci minuti, regrediscono nel giro di venti o trenta minuti e spesso la crisi lascia la persona in un profondo stato di spossatezza. Una delle possibili complicazioni degli attacchi di panico, soprattutto quando sono ripetuti, è che la maggior parte delle persone via via sviluppa un’ansia "anticipatoria" (cioè la paura di nuovi episodi di panico) e conseguentemente cerca di evitare le situazioni che sono state associate agli attacchi. Ecco allora che non si entra più nei ristoranti, nei negozi affollati o nei posti pubblici, non si sale sui mezzi di trasporto cittadini e privati. Nei casi molto gravi il malato praticamente si "confina" nel proprio domicilio senza avere più una vita di relazione fuori casa.


ATTACCHI DI PANICO (dott.ssa Fanzecco Fabiola) Gli attacchi di panico sono episodi di improvvisa ed intensa paura o di una rapida escalation dell’ansia normalmente presente. Sono accompagnati da sintomi somatici e cognitivi, quali palpitazioni, sudorazione improvvisa, tremore, sensazione di soffocamento, dolore al petto, nausea, paura di morire o di impazzire, brividi o vampate di calore. Chi ha provato gli attacchi di panico li descrive come un’esperienza terribile, spesso improvvisa ed inaspettata, almeno la prima volta. E’ ovvio che la paura di un nuovo attacco diventa immediatamente forte e dominante. Il singolo episodio, quindi, sfocia facilmente in un vero e proprio disturbo di panico, più per "paura della paura" che altro. La persona si trova rapidamente invischiata in un tremendo circolo vizioso che spesso si porta dietro la cosiddetta "agorafobia", ovvero l’ansia relativa all’essere in luoghi o situazioni dai quali sarebbe difficile o imbarazzante allontanarsi, o nei quali potrebbe non essere disponibile un aiuto, nel caso di un attacco di panico inaspettato. Diventa così pressoché impossibile uscire di casa da soli, viaggiare in treno, autobus o guidare l’auto, stare in mezzo alla folla o in coda, e cosi via. L’evitamento di tutte le situazioni potenzialmente ansiogene diviene la modalità prevalente ed il paziente diviene schiavo del suo disturbo, costringendo spesso tutti i familiari ad adattarsi di conseguenza, a non lasciarlo mai solo e ad accompagnarlo ovunque, con l’inevitabile senso di frustrazione che deriva dal fatto di essere "grande e grosso" ma dipendente dagli altri, che può condurre ad una depressione secondaria. La caratteristica essenziale del Disturbo di Panico è la presenza di attacchi di panico ricorrenti, inaspettati, seguiti da almeno 1 mese di preoccupazione persistente di avere un altro attacco di panico. La persona si preoccupa delle possibili implicazioni o conseguenze degli attacchi di panico e cambia il proprio comportamento in conseguenza degli attacchi, principalmente evitando le situazioni in cui teme che essi possano verificarsi. Il primo attacco di panico è generalmente inaspettato, cioè si manifesta "a ciel sereno", per cui il soggetto si spaventa enormemente e, spesso, ricorre al pronto soccorso; poi pssono diventare più prevedibili.