martedì 30 agosto 2011

"Amare se stessi è l'inizio di una storia d'amore lunga tutta una vita." O. Wilde

Il cammino dovrebbe iniziare trovando noi stessi.
Spesso invece abbandoniamo noi stessi per intraprendere una ricerca affannosa e faticosa degli ALTRI. Ci affanniamo per trovare la loro approvazione, i loro giudizi;  delle volte riusciamo per sino a cambiare noi stessi per gli altri,  per poter piacere di più, per essere accettati o spesso solo per essere "VISTI".
Ci dispiace quando questo non accade, quando gli altri con il  loro atteggiamento ci squalificano e mostrano la loro disapprovazione verso di noi o peggio ancora il loro disinteresse. Abbiamo cambiato tutto di noi per essere accettati e invece??? NULLA!!!!
Ma non notiamo una cosa importante: In questa ricerca spasmodica di approvazione, di bisogno e di accettazionenoi per prima cosa abbiamo tradito NOI STESSI!!!!.  In questo viaggio di duro lavoro verso L'ALTRO ci siamo dimenticati di NOI!.
Ci siamo tanto affatticati a cercare l'approvazione degli altri che abbiamo "scordato" DI ACCETTARE NOI STESSI!!!!!
E come possono gli altri vederci, amarci, accoglierci se prima di tutto non lo facciamo noi.
Chi è quella persona che ci appare la mattina allo specchio??' è una sagoma che stiamo modellando sui modelli degli altri ma che però non ha una sua vera esistenza. Viaggia, cammina, mangia, si veste, si pettina  ma lo fa per gli altri non per se stesso. E allora chi è quella persona che vediamo allo specchio la mattina??? E' lei che dovremo accettare, coccolare  ma sopratutto che dovremo imparare a CONOSCERE e AMARE.
Ed è solo conoscendo se stessi e quindi accettandoci che impareremo ad amarci e da li non avremo più bisogno dell'approvazione degli altri, del loro giudizio, perchè saremo riusciti a conquistare l'amore più grande quello verso noi stessi e paradossalmente saranno gli altri ad unirsi spontaneamente al nostro viaggio.
E' DA NOI CHE INIZIA IN NOSTRO CAMMINO

Dott.ssa Fabiola Fanzecco

sabato 20 agosto 2011

L'AUTOSTIMA, ma cos'è esattamente? e perchè quando è bassa ci crea problemi?



Quante volte abbiamo sentito parlare di AUTOSTIMA, medici, psicologi, professori ed anche amici, parenti e noi stessi spesso usiamo questo termin. Ma  quanto sappiamo esattamente dell'AUTOSTIMA e perchè spesso molti problemi soggettivi vengono associati ad un autostima bassa??
L’autostima è la valutazione che ci diamo, il nostro modo di viverci ed è stata definita in tante maniere, come:  "concetto di sé", "abilità personale", "autopercezione". Quante volte ci sarà capitato di sentirci dire "non hai fiducia in te", "non sei consapevole delle tue potenzialità", oppure "ma chi ti credi di essere"… tutti problemi di autostima!
L’autostima viene determinata da informazioni oggettive e soggettive, riferite a tre tipi di sé:
  • sé reale: è la valutazione oggettiva delle nostre competenze
  • sé percepito: è la nostra valutazione del sé reale. Difficilmente sé percepito e sé reale coincidono, si rischia sempre di fare "errori di valutazione"
  • sé ideale: è come desideriamo essere. Esso è influenzato dalla cultura e dalla società.
I problemi legati all’autostima nascono dalla discrepanza tra sé ideale e sé percepito. 
Se abbiamo la tendenza a svalutarci, sicuramente ci sentiremo distanti da come invece desideriamo essere, il nostro modello ideale ci appare troppo lontano e irraggiungibile, e questo provocherà inevitabilmente profonda sofferenza .

Il concetto di autostima si riferisce a differenti ambiti e contesti e in base al contesto può cambiare la nostra autostima:
Contesto
  • Sociale: è in relazione alla cerchia di amici e conoscenti, al rapporto col partner.
    Si tratta di come stiamo quando siamo con gli altri, se ci sentiamo approvati, sostenuti, aiutati…
  • Scolastico/lavorativo: quanto ci sentiamo bravi nell’intraprendere un’attività e i vantaggi che questo comporta: buoni voti, carriera, soddisfazione…
  • Familiare: è influenzata dalla sicurezza affettiva.
    Nei bambini è saliente il rapporto madre-figlio e le valutazioni dei genitori
  • Corporeo: è legata all’aspetto fisico e alle prestazioni fisiche. 
L’autostima, influenza l’autoefficacia, cioè la consapevolezza di poter raggiungere obiettivi, influenza il tono dell’umore, le relazioni affettive, in generale, influenza il successo nella vita e le scelte di ogni tipo.
Alcune malattie psichiche vanno proprio ad intaccare l’autostima, basti pensare alla depressione, a causa della quale il paziente si disprezza e si svaluta, o la mania, per cui il malato si sente una persona molto importante.

Lo psicoterapeuta, spesso si trova prorpio pazienti i sui problemi sono legati ad una bassa (o al contrario troppoa alta) Autostima. Quando questo accade il terapeuta aiuta il paziente con problemi legati all’autostima con un apposito training, decidendo su quale dei tre aspetti del sé risulti più opportuno lavorare:
  • I pazienti che necessitano di un intervento sul sé reale, sono in genere persone con poche competenze, è bene insegnare loro abilità di comunicazione, risolvere problemi… insomma, sviluppare al meglio le loro potenzialità.
    Pensiamo al caso di un ragazzo molto timido che pensa di non piacere alle ragazze: l’intervento sarà volto a migliorare le sue competenze sociali per gestire con successo i rapporti interpersonali.
  • Quando vi è la tendenza a svalutarsi eccessivamente, è meglio intervenire sul sé percepito aiutando la persona ad esaminare obiettivamente le proprie competenze, riportando fatti che vadano a contrastare le false credenze.
    Ad esempio, un’anoressica che rifiuta di mangiare perché si vede grassa necessita di un intenso lavoro sulla corretta percezione dell’immagine corporea.
  • Meglio concentrarsi sulla correzione del sé ideale qualora il paziente voglia raggiungere dei traguardi per lui davvero eccessivi.
    Si tratta di aiutarlo a capire da dove provengono i suoi ideali e aiutarlo a ridimensonarli, come nel caso di una teen-ager che si sente fallita perché vorrebbe fare la modella ma è troppo bassa. 
SE HAI DOMANDE E CURIOSITA' SU AUTOSTIMA E PROBLEMI A ESSA COLLEGATI INVIA UNA MAIL A:  f.fpsico@tiscali.it

    martedì 9 agosto 2011

    LA DISMORFOFOBIA: cos'è e che ripercussioni può avere?

    La dismorfofobia è la fobia che nasce da una visione distorta che si ha del proprio aspetto esteriore, causata da un'eccessiva preoccupazione della propria immagine corporea.
    La caratteristica essenziale della dismorfofobia è la preoccupazione per un difetto nell’aspetto fisico, che può essere totalmente immaginario, oppure, se è presente una reale piccola anomalia fisica, la preoccupazione del soggetto è di gran lunga eccessiva.
    La gran parte dei soggetti con questo disturbo sperimentano grave disagio per la loro supposta deformità, descrivendo spesso le loro preoccupazioni come “intensamente dolorose”, “tormentose”, o “devastanti”. I più trovano le loro preoccupazioni difficili da controllare, e fanno pochi o nessun tentativo di resistervi. Come conseguenza, essi spesso passano molte ore al giorno a pensare al loro “difetto” e a come porvi rimedio (talvolta ricorrendo a chirurgia estetica) al punto che questi pensieri possono dominare la loro vita. I sentimenti di  vergogna per il proprio “difetto”, possono portare all’evitamento delle situazioni di lavoro, scuola o di contatto sociale. Questa fobia si osserva principalmente negli adolescenti, di entrambi i sessi ed è strettamente legata alle trasformazioni dell'età puberale. Consiste, come dice la parola, nel timore di non avere una buona forma, un buon aspetto, nella paura insomma di non essere "normali" per quanto riguarda l'estetica del corpo. Se queste fobie riguardano soggetti adulti la cosa è più grave, perché con la fine dell'adolescenza la persona dovrebbe acquisire un senso di fiducia in se stessa tale da consentirle la possibilità di relazionarsi armonicamente con gli altri, senza essere afflitta da complessi di inferiorità legati all'aspetto fisico.
    La dismorfofobia e l’anoressia:
    Uno dei vissuti più angoscianti delle ragazze anoressiche o bulimiche, è legato ad una errata percezione del proprio corpo, che viene vissuto come sgradevole e perennemente inadeguato.
    L'inadeguatezza potrebbe rispecchiare in parte l'esigenza di conformarsi agli standard proposti dalle tendenze della moda, ma l'inadeguatezza più dolorosa è rispetto al proprio ideale di corpo, in altre parole rispetto a ciò che si vorrebbe essere.
    I disturbi del comportamento alimentare sono spesso associati alle DISMORFOFOBIE, anche se non è ancora chiaro il rapporto di causa-effetto tra i due fenomeni, ovvero non è chiaro se sia la dismorfofobia a causare il disturbo del comportamento alimentare o viceversa.

    I Disturbi del comportamento alimentare

    L'anoressia mentale e il sistema familiare della paziente Anoressica




    L’anoressia mentale è un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato da diversi fattori tra loro correlati:

    - un fattore psico-biologico individuale poichè si tratta di un disturbo che investe soprattutto l’adolescenza, età in cui avvengono profonde trasformazioni psichiche e fisiche, e che ha una maggiore incidenza nel sesso femminile rispetto a quello maschile;

    - un fattore familiare poichè le famiglie di cui le pazienti anoressiche fanno parte presentano modalità e dinamiche relazionali comuni;

    - un fattore socio-culturale poichè l’anoressia prevale nettamente nelle società del benessere economico mentre è quasi sconosciuta nel Terzo Mondo.

    Di questi fattori, quello familiare gioca un ruolo importante poichè la famiglia è il contesto primario di apprendimento e di esperienza per l’individuo e rappresenta un terreno dove sviluppare e fallire i primi movimenti verso l’autonomia e verso l’acquisizione dell’identità. Le difficoltà relazionali ed emotive che nascono all’interno della famiglia possono favorire l’insorgere del sintomo anoressico e, quindi, legare circolarmente il paziente e il suo sintomo al sistema familiare.

    In quest’ottica, l’estrema protesta dell’anoressica ed il suo rifiuto ostinato del cibo sono, spesso, tentativi disperati di differenziarsi da un sistema familiare rigido i cui i confini tra gli individui sono poco marcati ed in cui lo spazio personale, scarsamente rappresentato, non facilita il processo di individuazione del soggetto.

    L’intervento psicologico dell’anoressia mentale, secondo l’ottica sistemico-familiare, si basa sul presupposto che ciascun fattore (pscio-biologico individuale, familiare e socio-culturale) assuma un ruolo importante nella formazione del sintomo anoressico e che uno solo, preso singolarmente, non sia sufficiente a giustificare l’insorgenza di tale disturbo che è, invece, il risultato della loro correlazione ed influenza reciproca.